domenica 10 maggio 2020

Una poesia in romanesco...


ER MODELLO1
 Lei entri in d’uno studio de pittore
e llodi quarche cquadro terminato:
sente subbito dí:2 «Ggrazzie, siggnore;
ma cche vvò vvede?3 è ttutto prossciugato.

  Eppoi sta ttroppo male assituato:
a sto lume che cqui4 ppropio sce more.
Manco se scrope5 com’è ddiseggnato:
nun ce se pò ccapì mmanco er colore.

     Che jje ne pare? Ggià, è ’na prima prova...
E l’impasto? er maneggio der pennello
Dichi6 la verità, ccome lo trova?
     
     A li mi’7 quadri io nun je do apparecchio
d’avvelature.8 Llà, lo guardi in quello:
je farà ppiú ffigura in ne lo specchio».

11 giugno 1837
Giuseppe Gioacchino Belli, Sonetti Romaneschi (XIX secolo)


       Note:

  1.  Agevolmente s’intenderà che qui parla un di coloro i quali servono di modello agli artisti.
  2.  Dire.
  3.  Che vuol vedere?
  4.  A questo lume. Il che qui è un ripieno.
  5.  Neppure si scopre.
  6.  Dica.
  7.  A miei.
  8.  Velature.
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