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giovedì 28 maggio 2020

STEP #20 - la lingua greca come modello nello Zibadone

File:Zibaldone di pensieri VI.djvu - WikipediaLo "Zibaldone" di Giacomo Leopardi è un diario personale che raccoglie una grande quantità di appunti, riflessioni e aforismi (non ordinati) scritti tra il luglio/agosto 1817 e il dicembre 1832, per un totale di 4526 pagine. 

Come suggerisce il titolo, che si traduce come "mescolanza confusa di cose diverse", le tematiche trattate sono le più varie. Tra le più celebri: l'infelicità dell'uomo, il piacere, la teoria della visione, il vago e l'indefinito. Tuttavia Leopardi nello Zibaldone scrisse anche sul funzionamento del linguaggio, sulla lingua adamica e primitiva, sulla società, sulla civiltà, sulla memoria, sul rapporto tra antico e moderno, sulla cultura.
Pensiero e poetica di Giacomo Leopardi - Wikipedia
Nel passo riportato, il poeta tratta dell'evoluzione linguistica dal greco, modello per eccellenza, al latino: viene spiegato come il latino avesse avuto la possibilità di perfezionarsi guardando alla magnificenza dell'antenata lingua Greca, che invece era, in tutto e per tutto, senza precedenti.


"La lingua latina ebbe un modello d’altra lingua regolata, ordinata e stabilita, su cui formarsi. Ciò fu la greca, la quale non n’ebbe alcuno. Tutte le cose umane si perfezionano grado per grado. L’aver avuto un modello, al contrario della lingua greca, fu cagione che la lingua latina fosse piú perfetta della greca e altresí che fosse meno libera (né piú né meno dico delle letterature greca e latina rispettivamente; questa piú perfetta, quella piú originale e indipendente e varia). I primi scrittori greci, anche sommi ed aurei, come ErodotoSenofonte ec., erano i primi ad applicar la dialettica e l’ordine ragionato all’orazione. 
Non avevano alcun esempio di ciò sotto gli occhi. Quindi, com’é naturale a chiunque incomincia, infinite sono le aberrazioni loro dalla
dialettica e dall’ordine ragionato."

Leopardi ci suggerisce un nuovo concetto di modello: uno schema esemplare da imitare e perfezionare per giungere all'eccellenza.



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Per approfondire: 
- https://it.wikipedia.org/wiki/Zibaldone

Fonte: I classici nostri contemporanei, volume 5.1 "Giacomo Leopardi", Baldi, Giusso, Razetti, Zaccaria (Pearson, 2016)

sabato 4 aprile 2020

STEP #06 - Il Superuomo dannunziano: modello ideale di uomo


Gabriele D'Annunzio, militare e politico, poeta "vate" dell'Italia e simbolo del Decadentismo, è celebre, tra le altre cose, per la sua definizione del modello ideale di uomo: il Superuomo. Il termine italiano traduce il tedesco Übermensch (letteralmente "Oltreuomo"), introdotto da Friedrich Nietzsche e utilizzato da quest'ultimo per indicare colui che, libero da catene e falsi valori etici e sociali, dettati dallo spirito apollineo e dalla filosofia di Socrate, segue invece lo spirito dionisiaco e pratica il "nichilismo attivo", diventando veramente se stesso in una futura nuova epoca.


D'Annunzio fra i pastori – alleo.it     Friedrich Nietzsche On The Secret Ingredient For Happiness

D'Annunzio, fornisce un'interpretazione molto personale della figura del Superuomo nietzschiano, esasperando il concetto di affermazione di sé, il rifiuto per la borghesia, la "volontà di potenza", creandone un mito che verrà poi ulteriormente strumentalizzato dai nazionalsocialisti. Secondo il poeta, è un diritto di pochi esseri eccezionali quello di innalzarsi per creare una nuova aristocrazia tirannica, guardando, come esempio, al passato glorioso di Roma. 
Nel romanzo "Le vergini delle rocce", Claudio Cantelmo, è l'ideal-tipo latino, che cerca una donna a cui unirsi per generare il futuro re di Roma che avrebbe guidato l'Italia riportandola all'antica magnificenza.
Il primo libro del romanzo è occupato dalle riflessioni di Claudio Cantelmo sulla società presente e sul compito delle élites aristocratiche: per questo risulta essere un vero e proprio manifesto politico del superuomo. Ne riporto alcuni passi significativi:

Le Vergini delle Rocce (1896) - LA FIUMANA DEL PROGRESSO

<<  [...] l'arroganza delle plebi non era tanto grande quanto la viltà di coloro che la tolleravano o la secondavano. Vivendo in Roma, io era testimonio delle più ignominiose violazioni e dei più osceni connubii che mai abbiano disonorato un luogo sacro. [...] Una sera di settembre, su quell'acropoli quirina custodita dai Tindaridi gemelli, mentre una folla compatta commemorava con urli bestiali una conquista di cui non conosceva l'immensità spaventosa (Roma era terribile come un cratere, sotto una muta conflagrazione di nubi), io pensai: «Qual sogno potrebbero esaltare nel gran cuore d'un Re questi incendii del cielo latino! Tale che sotto il suo peso i cavalli giganteschi di Prassitele si piegherebbero come festuche.... Ah chi saprà mai abbracciare e fecondare la Madre col suo pensiero oltrapossente? A lei sola - al suo grembo di sasso che fu nei secoli l'origliere della Morte - a lei sola è dato generar tanta vita che se ne impregni il mondo un'altra volta.» E io vedevo, nella mia imaginazione, dietro le vetrate fiammeggianti del balcone regale, una fronte pallida e contratta su cui, come su quella del Còrso, era inciso il segno d'un destino sovrumano. >>

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Per approfondire:
https://it.wikipedia.org/wiki/Cos%C3%AC_parl%C3%B2_Zarathustra
https://it.wikipedia.org/wiki/Oltreuomo
http://dannunziog.altervista.org/nietzsche-e-il-superuomo/
https://it.wikipedia.org/wiki/Le_vergini_delle_rocce