venerdì 29 maggio 2020

Il modello del DNA

DNA - WikipediaIl modello a doppia elica di Watson e Crick

  • A rendere più rapida la soluzione del rompicapo della struttura del DNA è stata l’idea di costruire modelli tridimensionali a partire dalle informazioni relative alle dimensioni molecolari e agli angoli di legameQuesta tecnica, originariamente applicata a studi sulla struttura delle proteine dal biochimico americano Linus Pauling, fu impiegata dal fisico inglese Francis Crick e dal genetista statunitense James D. Watson, entrambi attivi a Cambridge. Watson e Crick si sforzarono di mettere insieme in un unico modello coerente tutto ciò che fino a quel momento era stato appurato circa la struttura del DNA. Possiamo riassumere così le informazioni di cui disponevano i due ricercatori:
  • - I risultati della cristallografia mostravano che la molecola di DNA era a forma di elica (una spirale a sviluppo cilindrico).
  • - I precedenti tentativi di costruire un modello in accordo con i dati fisici e chimici suggerivano che nella molecola ci fossero due catene polinucleotidiche affiancate che correvano in direzioni opposte, cioè erano antiparallele.

  • I risultati di Chargaff suggerivano che le basi azotate fossero legate tra loro in modo ben preciso.
Alla fine del mese di febbraio del 1953, Crick e Watson pubblicarono la loro proposta per la struttura del DNA. Tale struttura spiegava tutte le proprietà note della sostanza e apriva la strada alla comprensione delle sue funzioni biologiche. La struttura pubblicata originariamente ha subito alcuni ritocchi marginali, ma è rimasta invariata nelle sue caratteristiche principali.
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giovedì 28 maggio 2020

STEP #20 - la lingua greca come modello nello Zibadone

File:Zibaldone di pensieri VI.djvu - WikipediaLo "Zibaldone" di Giacomo Leopardi è un diario personale che raccoglie una grande quantità di appunti, riflessioni e aforismi (non ordinati) scritti tra il luglio/agosto 1817 e il dicembre 1832, per un totale di 4526 pagine. 

Come suggerisce il titolo, che si traduce come "mescolanza confusa di cose diverse", le tematiche trattate sono le più varie. Tra le più celebri: l'infelicità dell'uomo, il piacere, la teoria della visione, il vago e l'indefinito. Tuttavia Leopardi nello Zibaldone scrisse anche sul funzionamento del linguaggio, sulla lingua adamica e primitiva, sulla società, sulla civiltà, sulla memoria, sul rapporto tra antico e moderno, sulla cultura.
Pensiero e poetica di Giacomo Leopardi - Wikipedia
Nel passo riportato, il poeta tratta dell'evoluzione linguistica dal greco, modello per eccellenza, al latino: viene spiegato come il latino avesse avuto la possibilità di perfezionarsi guardando alla magnificenza dell'antenata lingua Greca, che invece era, in tutto e per tutto, senza precedenti.


"La lingua latina ebbe un modello d’altra lingua regolata, ordinata e stabilita, su cui formarsi. Ciò fu la greca, la quale non n’ebbe alcuno. Tutte le cose umane si perfezionano grado per grado. L’aver avuto un modello, al contrario della lingua greca, fu cagione che la lingua latina fosse piú perfetta della greca e altresí che fosse meno libera (né piú né meno dico delle letterature greca e latina rispettivamente; questa piú perfetta, quella piú originale e indipendente e varia). I primi scrittori greci, anche sommi ed aurei, come ErodotoSenofonte ec., erano i primi ad applicar la dialettica e l’ordine ragionato all’orazione. 
Non avevano alcun esempio di ciò sotto gli occhi. Quindi, com’é naturale a chiunque incomincia, infinite sono le aberrazioni loro dalla
dialettica e dall’ordine ragionato."

Leopardi ci suggerisce un nuovo concetto di modello: uno schema esemplare da imitare e perfezionare per giungere all'eccellenza.



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Per approfondire: 
- https://it.wikipedia.org/wiki/Zibaldone

Fonte: I classici nostri contemporanei, volume 5.1 "Giacomo Leopardi", Baldi, Giusso, Razetti, Zaccaria (Pearson, 2016)

mercoledì 27 maggio 2020

STEP #19 - L'utopia Platonica e l'irrealizzabile modello di stato

Un'utopia è per definizione un assetto politico, sociale e religioso che non trova riscontro nella realtà, ma che viene proposto come ideale e come modello.

Tra le più celebri utopie filosofiche vi è senza dubbio quella che si trova nella Repubblica di Platone (la traduzione italiana del titolo fa riferimento non tanto alla forma di governo quanto al significato latino 
del termine come "cosa pubblica"): in tale dialogo egli descrisse uno Stato ideale fondato perfettamente sui valori supremi di Bene e Giustizia.

Platone costruì un proprio "modello" per il governo della Kallipolis, accurato e con una struttura ben precisa e rigida, la cui imitazione e declinazione nella realtà, tuttavia, era - è, e probabilmente sempre sarà - irrealizzabile. I suoi limiti si intuiscono facilmente e sono evidenti, non solo al lettore contemporaneo: per convincersi del carattere prettamente utopico del progetto platonico, basti dare un'occhiata all'organizzazione di questo Stato ideale. 

Alla base di tutto ci sarebbe l'innata divisione degli uomini, e quindi delle loro funzioni sociali, in tre classi, che rispettano la tripartizione dell'anima e la prevalenza in ognuno di un determinato carattere: la razionalità domina nei filosofi, coloro che sono destinati a governare, poiché non hanno interessi personali da far valere, instaurando una sorta di aristocrazia; l'irascibilità domina nei guerrieri, guardiani dello Stato, che hanno il compito di difenderlo con coraggio; la concupiscibilità, infine, prevale nella maggior parte del popolo, costituita da lavoratori, contadini, artigiani...
Per garantire l'efficienza di un siffatto stato, inoltre, secondo Platone, sarebbe stato necessario instaurare un regime di comunismo, che riguardasse soprattutto i figli e la loro educazione: i fanciulli infatti dovevano essere sottratti in tenera età alle famiglie e allevati in comune, a cura dello stato. Ignorando chi fossero i loro genitori naturali, essi avrebbero considerato ogni adulto come un padre e ogni loro coetaneo come fratello, e i più adatti sarebbero stati scelti per diventare governanti, indipendentemente dall'origine sociale.
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Per approfondire:
https://it.wikipedia.org/wiki/La_Repubblica_(dialogo)

Fonti: 
https://it.wikipedia.org/wiki/Utopia
Con-Filosofare, volume 1A, Nicola Abbagnano, Giovanni Fornero (2016)

Crediti immagine: http://www.storiadelleidee.it/index.php/antichita-classica/platone/la-citta-ideale-e-l-educazione

martedì 26 maggio 2020

Da non perdere...

"Quando, dopo le rivoluzioni della scienza e dell’industria, la scienza si impadronisce dello strumento lagrangiano delle Fonctions Analytiques, gli scienziati, che ancora si chiamano philosophes, hanno la certezza di poter descrivere con le funzioni matematiche l’universo dei fenomeni. Uno strumento matematico capace di gestire i fenomeni dinamici, variabili nel tempo, ponendo in relazione gli effetti con le cause che li hanno prodotti, dimostra almeno sulla carta le sue enormi potenzialità. [...]

Possiamo considerare lo stato attuale dell'universo come l'effetto del suo passato e la causa del suo futuro. Un intelletto che ad un determinato istante dovesse conoscere tutte le forze che mettono in moto la natura, e tutte le posizioni di tutti gli oggetti di cui la natura è composta, se questo intelletto fosse inoltre sufficientemente ampio da sottoporre questi dati ad analisi, esso racchiuderebbe in un'unica formula i movimenti dei corpi più grandi dell'universo e quelli degli atomi più piccoli; per un tale intelletto nulla sarebbe incerto ed il futuro proprio come il passato sarebbe evidente davanti ai suoi occhi.

[...] Prima della rivoluzione scientifica il criterio di similitudine fondato epistemologicamente sui teoremi di Euclide ammetteva la conoscenza del mondo in una dimensione lineare e riproducibile. I canoni della perfezione dell'uomo vitruviano, alla base delle stesse regole costruttive dell’architettura (non solo edile, ma dell’intero universo) erano stati minati dallo stesso Galilei con le sue considerazioni sulla non-linearità della natura, e avevano trovato nella metafora dell’osso del gigante la loro forma più immediata di una comunicazione destinata anche ai non scienziati.
D’ora in poi, anche se ancora priva delle macchine da calcolo, la scienza procederà per modelli: strutture logiche fondate sugli algoritmi, supportate dalla semantica dei segni e organizzate in gerarchie tassonomiche.
Ma l’ approccio quantitativo definitivo arriverà molto più tardi solo quando la rivoluzione elettronica renderà risolvibili numericamente problemi sino ad allora insoluti e farà nascere la moderna teoria dei sistemi e dei modelli. [...]"

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Crediti: Blog "Philosophy and engineering" del professor Vittorio Marchis, "Ingegnerie della divinazione (5) - L'illusione del determinismo"

lunedì 25 maggio 2020

STEP #18 - nella filosofia contemporanea: Wittgenstein


(in particolare, riguardo il concetto di modello, si veda il video dal minuto 1:00 a 3:24)


Ludwig Josef Johann Wittgenstein (1889 – 1951) è stato uno dei più importanti pensatori del XX secolo. Il "Tractatus Logico-Philosophicus" è l'unica opera da lui pubblicata in vita ed essa si concentra sul problema della comunicazione di idee tra gli esseri umani e sulla delimitazione delle possibilità del linguaggio.

Wittgenstein descrisse il linguaggio come raffigurazione logica del mondo, dove per mondo si intende un insieme di "fatti", di tutto ciò che accade. Ancor più importante è la nostra percezione del mondo:

"noi ci facciamo immagini dei fatti"

scrisse il filosofo austriaco. Noi creiamo, cioè, modelli nella nostra mente rispetto a quello che viviamo: questo si trova anche alla base della comunicazione e della fallacia di quest'ultima. 
Le parole ci permettono di creare immagini, ma il problema consiste nello scambio e nella trasmissione di queste da persona a persona: tipicamente, non siamo capaci di far in modo che nelle menti altrui si crei la stessa immagine a cui ci riferivamo originariamente, ossia il nostro modello. Questo crea ambiguità, incomprensione, ineffabilità. 

La soluzione che Wittgenstein propose per tale questione è riassumibile nella celebre citazione: 

"Su ciò di cui non si è in grado di parlare, si deve tacere
Wovon man nicht sprechen kann, darüber muss man schweigen.
(Tractatus logico-philosophicus, 7)

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Fonti: